lunedì 25 luglio 2011

Trebisacce-25/07/2011: La storia di Vincenzo Rescia (di Michele Lofrano)


La storia di Vincenzo Rescia, nato nel 1840, di Alessandria del Carretto.

Ricostruita dal PRO-NIPOTE:-Michele Lofrano


La storia del mio bisnonno, Vincenzo Rescia, comincia così:
Era il “massaro” più apprezzato e benestante dell’800 e mentre seminava il grano col “paricchio” a mezzogiorno si fermò a mangiare. ‘Cancaricch e patane che si mangian i guagane’. Dopo mangiato si mise a dormire sotto una grossa quercia. Aveva 15 buoi; 13 hanno fatto la ruota intorno a lui. “U paricch” è rimast ferm nella “versura”, lui dormiva profondamente, i buoi passavano il muggito da bocca a bocca, il figlio –Antonio-dalla masseria l’ha sentito:



-“Ma perché i buoi miei fanno questo muggito?”-“Questo muggito è molto strano, qualche cosa accadrà nella vita umana”. Quando si è svegliato da 13 buoi si è visto circondato, andato dal figlio gli disse:”Antonio vieni vicino a me che ti debbo raccontare quello che ho sognato”. Non sono più io, sono andato con Dio, mi ha insegnato questa via. Mi ha preso per mano e mi ha portato nell’Universo. Ha detto:”Questo è un mistero che anche i miei buoi hanno partecipato ad una storia vera”. Antonio stai ad ascoltare che sono cose da non dimenticare. Ti dò la benedizione che ti manda il Signore. –“Oh, “Tato” se l’ho meritato dammi la vita eterna e sii lodato”. –“Figlio mio è un’esagerazione! Viviamo nel tempo e poi nell’eternità.”.
Da quel momento guariva tanta gente. Lo chiamavano il “medico di campagna”. Cose belle che sono rimaste nella storia. Io che mi interesso di queste storie antiche non voglio che si perdono queste doti umane. Io non sono un chiromante, né un chiaroveggente, voglio che lo sappia tutta la gente che il mio bisnonno era chiaroveggente e quando una persona nasceva tutto gli diceva. Niente ha sbagliato che è stato tutto constatato. Ha letto la mano a mia madre. Ella mi raccontava sempre:”Mi ha letto la mano “tarann mii” retto e corretto. Tutto perfetto niente niente ha sbagliato, tutto ha indovinato”. Mi diceva, ancora, mia madre:”Quando è nata mia sorella Domenica lui esisteva ancora. Erano nella masseria di “còzzaro” il padrone era il dottor Pucci di Amendolara, Lui era al piano terra e la nuora partoriva al piano di sopra. Domandava ai nipoti: “E’ nato guaggliù?”--Non ancora tarà!!-“Peccato, peccato se fosse nata in questo momento la sua costellazione era una donna fortunata!”. Dopo un po’ di tempo:”-“E’ nata tarà, è nata tarà!!”
-“Non aviss mai nata! Che questo è un momento maledetto destinato di stare tre anni a funn i liett!”-Questo l’ho constatato io che ero ragazzino e lo ricordo bene che gridava disperato sul letto notte e giorno dopo i tre anni morì giusto come gli aveva detto u tarann.
Lui era di Alessandria del Carretto e la moglie era della famiglia di “micch u zimmiri” i più ricchi massari di quei tempi. Lui è nato il 1840 e la moglie il 1843. Nipote del prete Cinquecento era troppo intelligente. Ha fatto “u mulin” ad acqua in ped a valle; in paese la filanda che è andata sempre avanti. Gli dicevano:”u privit i cinquecento ha fatt u mulin ad acqua in ped a valle ci chiudidi u ciucc e li cavall”, invece la popolazione è rimasta contenta che ha sfamato tanta gente,ecc.ecc.-Quando si sono sposati lo zio prete per fare storia l’ha fatto sedere su una grossa forma di formaggio pecorino. E gli dicevano: “Auguri agli sposini, auguri anche al formaggio pecorino”. Gli sposi hanno risposto:” Pure è buon cà ditt ca sin, ni mangiam li maccarun, pure è buon cà mi ditt ca sini, ni mangiam li maccaruni, pure è buon cà ditti ca sin ,ni mangiam li maccarun cu formagg pecorino!” -Mentre ballavano la tarantella per vedere chi la ballava più bella gridavano tutti insieme e battevano le mani: tilli tò, tilli tò che bella sonata che jè mò! - Al momento che facevano una bella ballata ad un tratto la trave si è spezzata e tutti a basc cu zampugnar sono andati. La ‘zita’ gridava: tilli tò, tilli tò, tilli tò non ballamo più mò! Povir a mii, povar a mii non mi pozz cuccà chiù cu zit mii! -A prima vota che mi ha baciato sono rimasta senza fiato. Mò che siamo andati a finire ndù magazzini, io piango come na bambina.Questa è la storia di due sposini, di Vincenzo e Rosina. Mi è stata raccontata da mia madre, io l’ho ricostruita e l’ho pubblicata. Vi saluto e Vi abbraccio e sono il pronipote di Trebisacce.
Michele Lofrano